Nel 2009 le Dolomiti sono state dichiarate dall’Unesco Patrimonio Naturale dell’Umanità, per la loro bellezza ed il loro fascino. Di sicuro gli uomini di ogni tempo sono stati affascinati dall’incanto della bellezza di queste montagne tanto che sono nate leggende, tramandate sino ad oggi, che tentano di spiegare su un piano fantastico il potente splendore di questa natura.
Si dice che a Nova Levante ci siano più leggende che alberi e forse è vero…
La leggenda di Re Laurino
Nella notte dei tempi sul Catinaccio viveva una popolazione di gnomi, che viveva estraendo oro, argento e pietre preziose dalle montagne.
Laurino era il loro re. Era un uomo potente e possedeva due armi magiche, che lo rendevano invincibile: un mantello che lo rendeva invisibile ed una cintura, che gli conferiva la forza di dodici forti uomini.
Il tesoro più prezioso del re era lo splendido giardino di rose che si trovava all’entrata del suo castello di cristallo. Il giardino era stato creato per lui dalla valchiria Sittlieb, in nome di un amore mai corrisposto.
I fiori più belli erano protetti da un sottile filo di seta. Laurino adorava il suo giardino profumato e avrebbe certamente ucciso chiunque avesse tentato di entrarvi!
Un bel giorno il re dell’Adige proclamò l’intenzione di dare in sposa la sua incantevole figlia Similde. Fu organizzato un grande torneo, al quale furono invitati tutti tranne Laurino, perché era un nano. Infuriato, Laurino si infilò il suo mantello magico e prese comunque parte ai festeggiamenti.
Laurino si innamorò immediatamente e perdutamente di Similde e subito la rapì, montò a cavallo e scappò con lei.
I cavalieri del re dell’Adige seguirono Laurino per liberare la povera fanciulla e giunsero fino al giardino delle rose. Re Laurino indossò la cintura per combattere contro i cavalieri, arrivati numerosissimi per riportare a casa la povera fanciulla. I poteri incantati, però, non servivano di fronte ad un numero così cospicuo di nemici.
Laurino allora si avvolse nuovamente nel mantello e cominciò a correre nel giardino delle rose. I cavalieri lo individuarono seguendo lo spostamento delle rose al suo passare, lo catturarono, gli tagliarono la cintura incantata e lo condussero in prigione. Laurino era adirato con le sue rose, che secondo lui lo avevano tradito e lanciò una maledizione: mai più occhio umano avrebbe potuto ammirare lo splendore delle rose né di giorno né di notte! Re Laurino dimenticò di menzionare il crepuscolo e così, ancora oggi, il suo incantevole e splendido giardino sboccia, come per magia, all’alba e al tramonto.
Il lago di Carezza
Le misure del lago di Carezza cambiano a seconda delle stagioni , poiché provengono da falde sotterranee che nascono sulla cima del Latemar, ma indicativamente è lungo 300m., largo 130m. e profondo 22 m.
In inverno, con il freddo si forma uno spesso strato di ghiaccio ed è possibile pattinare. Sotto il ghiaccio i sommozzatori girano spesso interessanti documentari alla scoperta dei colori inimitabili di questo piccolo regno.
La leggenda narra che nella notte dei tempi il lago fosse abitato dall’incantevole ninfa Ondina.
Lo stregone del Latemar era perdutamente innamorato di Ondina, che però non ricambiava lo stesso sentimento. Più volte lo stregone tentò di rapire la ninfa, ma tutti i tentativi risultavano inutili. La ninfa riusciva sempre a proteggere la sua libertà. Un bel giorno la Stria del Masarè consigliò allo stregone di far apparire un arcobaleno sopra il laghetto, i colori avrebbero sicuramente attratto la ninfa che sarebbe uscita allo scoperto. Lo stregone seguì i consigli della stria, ma quando Ondina uscendo dalle acque vide lo stregone, fuggì spaventata e nessuno la vide più! Il mago, furioso di rabbia, prese l’arcobaleno e lo gettò in mille pezzi nel lago, che dal quel giorno ne riflette i colori e ricorda a tutti la fuga di Ondina.
Le bambole del Latemar
Un giorno dei giovani pastorelli stavano giocando su un prato fiorito, quando un anziano signore si avvicinò e chiese loro se avessero trovato il coltello che aveva perso in quei paraggi. I ragazzi, che non avevano visto il coltello dell’anziano signore, si misero subito a cercarlo tra l’erba, ma non videro niente.
Tornando a casa, però, Minega, la pastorella più giovane, notò un luccichio tra i fili d’erba alta.
Si avvicinò e riconobbe il coltello dell’anziano signore. Minega corse incontro al vecchio e gli consegnò il suo coltello. Il vecchio fu talmente felice del ritrovamento che diede a Minega la possibilità di esprimere un desiderio. La bambina chiese di poter ricevere una bambola.
La piccola, felice, raccontò la sua storia ad una sconosciuta, che la mise in guardia dicendole che il vecchio era in realtà un signore ricchissimo e che avrebbe potuto regalarle bambole con vestiti di broccato e corone d’oro.
“Se il vecchio tenta di regalarti una bambola con un semplice abito di seta” disse la sconosciuta a Minega “tu devi recitare questa formula: Pope de preda con strazze de seda ste lì a vardar el Latemar!“
Il giorno dopo i pastorelli andarono al Latemar e udirono una strano rumore arrivare dalla montagna. Non appena Minega recitò la formula, in cielo si aprì un pesante portone e improvvisamente uscì un corteo di bambole d’oro che si trasformarono subito in pietra.
Ancora oggi si possono vedere i vestiti splendidi delle bambole brillare alla luce del sole.
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